venerdì 28 settembre 2007
giovedì 27 settembre 2007
Tutti in piazza ad Albano sabato 15
“Questo corteo - proseguono Fiorani e Mollica - concluderà la settimana di mobilitazione democratica cominciata mercoledì con un grande sit in di fronte al comune di Albano Laziale”.
“Sarà un corteo colorato, plurale e pacifico - spiegano i due esponenti del Sole che Ride - per protestare contro l’amministrazione comunale di Albano che ha permesso che un’area pubblica, destinata alle attività sportive, venisse concessa per l’organizzazione del meeting di estrema destra di Fiamma Tricolore”.
“È importante la partecipazione di tutte e di tutti - concludono i Verdi – per ribadire con pacifica forza che Albano e i Castelli Romani sono e saranno sempre democratici, tolleranti ed antirazzisti”.
Incendi ai Castelli Romani
ANDREA TUPAC MOLLICA (VERDI CASTELLI ROMANI) : “I COMUNI DEI CASTELLI FORNISCANO IL CATASTO DELLE AREE PERCORSE DAL FUOCO”
“Nelle ultime settimane numerosi incendi hanno devastato il nostro paese – dice Andrea Tupac Mollica portavoce dei Verdi Castelli Romani - in particolare al centro-sud. Migliaia di ettari sono letteralmente andati in fumo creando un danno ambientale di valore inestimabile, uccidendo centinaia di migliaia di animali selvatici e facendo vittime addirittura fra le persone. Anche i Castelli Romani – prosegue Mollica - sono stati colpiti in maniera drammatica da questa escalation di natura criminale. Il Monte Artemisio, le coste del Lago di Castel Gandolfo e ampie aree del Parco dei castelli Romani sono le zone maggiormente colpite”
“Nella stragrande maggioranza dei casi – spiega Mollica - gli incendi sono appiccati da persone che hanno interessi economici sulle aree percorse dal fuoco. Per provare ad arginare il fenomeno nel 2000 il Governo promulgò la legge n. 353, che aveva lo scopo di scoraggiare i piromani e gli sfruttatori, imponendo forti vincoli sulle aree percorse dagli incendi. Nel settembre del 2005 la Regione Lazio con Delibera Giunta 824 approvò gli standard procedurali per la costituzione del catasto degli incendi boschivi da parte delle amministrazioni locali. Questo strumento consente ai Comuni di individuare le aree percorse dal fuoco per le quali siano vietate per dieci anni l'edificazione anche di infrastrutture, la variazione di destinazione d'uso dei terreni, il pascolo e la caccia e il rimboschimento con uso di fondi pubblici”
“Purtroppo – dice ancora il portavoce dei Verdi Castelli Romani - ad oggi il catasto municipale degli incendi è ben lungi dall’essere stato adottato. Per esercitare opera di pressione sugli amministratori locali – conclude Mollica - i Verdi dei Castelli Romani hanno inviato a tutti i Comuni una lettera per conoscere lo stato d’attuazione del monitoraggio e l’esibizione del catasto delle superfici percorse dal fuoco. Gli scopi della campagna sono quelli di attivare eventuali azioni legali e recuperare dati a scopo di osservazione, monitoraggio e studio della situazione attuale. Ma è chiaro che se i Comuni dovessero continuare a latitare su questo adempimento di legge, sarà necessario chiedere ad altri enti preposti alla tutela del territorio di farsi carico di redigere quanto prima la mappatura dei siti percorsi da incendi”.
Corso di formazione politica dei VERDI Castelli Romani
Per informazioni ed iscrizioni, fare clic qui
Albano: continua la Campagna SALVAICASTELLI
“Ad Albano – spiegano Andrea Tupac Mollica, Coordinatore dei Verdi dei Castelli Romani e Claudio Fiorani Portavoce dei Verdi di Albano – l’amministrazione comunale ha pianificato sul territorio una quantità impressionante di interventi fra i quali spicca il Patto Territoriale a Via Casette: oltre 200.000 metri cubi di cemento in arrivo. Siamo scesi in piazza per dire no a questa follia e per esortare la cittadinanza alla mobilitazione. Abbiamo ottenuto molti riscontri favorevoli fra la gente e le associazioni ambientaliste, davvero un buon viatico per la nostra lotta.”
“Il nostro territorio – precisa Fiorani – non è assolutamente in grado di sostenere un impatto di tali proporzioni. Pare che l’amministrazione Mattei abbia già archiviato la grave crisi idrica che sta investendo il comune di Albano ed i territori dei Castelli e che è direttamente legata alla sovracrescita urbana che sta soffocando il tessuto cittadino. Senza contare che interventi del genere precludono la strada a qualsiasi alternativa di sviluppo sostenibile. Abbiamo inoltre anche proseguito la nostra campagna di raccolta firme per chiedere l’acquisizione dai privati del tratto boschivo del lago Albano che ricade nel Comune della nostra città. Siamo già a 500 firme e continueremo a raccoglierne.”
“È proprio sulla questione dello sviluppo – conclude Mollica – che si gioca la partita del futuro dei Castelli Romani. Parole chiave quali sostenibilità ed ecocompatibilità devono essere sostanziate da atti concreti di governo. Non si può continuare a parlare di sviluppo sostenibile ed annegare Albano nel cemento, costruire una strada dentro Parco Chigi (come si vuol fare ad Ariccia) o asfaltare l’anello circumlacuale del lago di Nemi. I cittadini, le associazioni ed i Verdi stanno facendo sentire la loro voce. Ora tocca alle amministrazioni invertire la rotta ed attuare una opzione zero sull’edilizia in tutto il territorio dei Castelli Romani.”
Raccolta Differenziata ad Albano
I carabinieri chiudono il centro di raccolta, presto divani e lavatrici e frigoriferi torneranno ad abbellire le nostre aree verdi.
Per nulla confortati dalle dichiarazioni e delle esternazioni del sindaco, siamo estremamente preoccupati dell'insensibilità dimostrata dall'amministrazione nei confronti del problema rifiuti.
Se è vero (ed è vero) che la discarica di roncigliano è praticamente esaurita, vorremmo capire quando il sindaco e i suoi collaboratori intendano affrontare il problema rifiuti.
Per ora abbiamo assistito, o meglio, non abbiamo assistito a nessuna raccolta differenziata significativa, i dati ufficiali danno una stima del 3,5%, ma le misurazioni dell'ecoistituto, pubblicate in questi giorni all'interno ne "l'ìmpronta ecologica dei castelli romani", parlano dell' 1.5% di raccolta differenziata ad Albano e pongono il nostro comune tra i fanalini di coda dell'Italia intera, che comunque non brilla per efficienza all'interno del panorama europeo.
L'ultimo evento, in termini di tempo, è la chiusura al pubblico, a causa di indagini in corso, del servizio di raccolta per rifiuti ingombranti, fino a qualche tempo fa ospitato dai locali dell'ex mattatoio e la sospensione a data da destinarsi il servizio di raccolta a domicilio su chiamata.
L'inefficienza di questo importante ufficio causerà sul medio periodo il rifiorire di divani frigoriferi e lavatrici sulle coste del lago o nelle arree di sosta più isolate e questo, ne siamo convinti, gioverà di molto alla vocazione turistica del nostro comune.
Denunciare ancora l'incapacità di agire dell'assessorato all'ambiente del nostro comune è quasi avvilente, ci siamo più volte in questi anni domandati quali fossero mansioni o competenze di tale ufficio, visti i risultati: la qualità dell'aria continua ad essere pessima sia su Albano centro che su Pavona e Cecchina, la situazione dei rifiuti assume toni ogni giorno più drammatici, lo sfruttamento del territorio continua ad avere un trend da brivido, basti pensare che Albano Laziale consuma gia ora risorse per una superficie oltre 40 volte superiore a quella del comune stesso.
Tutto questo, oltre ad influire pesantemente sulla salute e sulla qualità della vita dei cittadini di Albano produce un irreversibile impoverimento del territorio per le generazioni future.
Continuare a diciarare che qualcuno in passato ha fatto peggio o dire che va male ovunque è puerile ed insensato, servono azioni immediate, servono provvedimenti, a nostro avviso non c'è molta differenza tra l'essere "responsabili" o soltanto "corresponsabili" del disastro.
La campagna SALVAICASTELLI da i suoi frutti
Il compagno Andrea Tupac Mollica, Coordinatore dei Verdi dei Castelli Romani, commenta con soddisfazione i primi risultati della Campagna Territoriale per la salvaguardia dei monumenti ambientali dei Castelli Romani. Ora bisogna ritirare il progetto di edificazione della strada dentro Parco Chigi!
“La nostra campagna sta dando i suoi frutti. Siamo molto soddisfatti”. È quanto dichiara in una nota Andrea Tupac Mollica, Coordinatore dei Verdi dei Castelli Romani in relazione alla Campagna Territoriale “SALVAICASTELLI” organizzata dal Coordinamento Verdi Castelli Romani per la salvaguardia dei monumenti ambientali del territorio, minacciati da progetti di edificazione ed asfaltazione.
“La grande mobilitazione di sabato scorso a Grottaferrata, unitamente al nostro lavoro di sensibilizzazione dell’opinione pubblica e delle istituzioni – spiega Mollica – ha trovato riscontro al Parco Regionale dei Castelli Romani che ha disposto la sospensione dei lavori di sbancamento al Tuscolo e avviato le procedure di negazione del nulla osta. Inoltre l’Assessorato all’Ambiente della Regione Lazio ha disposto un’ispezione per verificare la legittimità dell’iter amministrativo del progetto”.
“Ma abbiamo raggiunto anche altri importanti risultati - prosegue il Coordinatore dei Verdi - A Genzano, il sindaco Ercolani ha chiesto di ridiscutere pubblicamente coi Verdi, le associazioni ambientaliste ed i cittadini il progetto di asfaltazione dell’anello circumlacuale del Lago di Nemi”.
“Restano ancora in sospeso - conclude Andrea Mollica - le questioni della realizzazione del nuovo cimitero di Rocca di Papa in località Pentima Stalla, terreno pregiato dal punto di vista geologico. e lo sciagurato progetto dell’amministrazione di Ariccia per la realizzazione di una strada dentro Parco Chigi. Continueremo la nostra battaglia insieme alle associazioni ed ai cittadini per ottenere il ritiro dei progetti e l’apertura di un serio confronto sulla salvaguardia integrale del Parco dei Castelli e sugli assetti territoriali dei comuni di Rocca di Papa e Ariccia”.
Confronto pubblico sul Lago di Nemi
Produrre energia a Ciampino da fonti rinnovabili
di Fabio Peluso - Giovani Verdi Ciampino
Con un investimento iniziale che veda coinvolti tutti i livelli istituzionali, si potrebbe installare sul tetto del Liceo un gran numero di pannelli solari connessi alla rete. In questo modo il Liceo avrebbe una fonte molto vicina di energia elettrica con cui provvedere al suo grande fabbisogno energetico, e trasformarsi quasi in una centrale elettrica durante il periodo di chiusura estivo (e non solo), periodo durante il quale, come sappiamo, vi è un grande dispendio di energia dovuto all'eccessivo e a volte scorretto uso dei condizionatori d'aria.
I Giovani Verdi sono quindi disponibili a un confronto con le istituzioni per delineare un progetto che possa portare in breve alla realizzazione di un tale impianto.
In piazza per fermare lo scempio di Tuscolo
“I Verdi dei Castelli Romani aderiscono alla manifestazione indetta per il 05 maggio a Grottaferrata per fermare lo scempio del Tuscolo.” È quanto dichiara in una nota Andrea Tupac Mollica, Coordinatore dei Verdi dei Castelli Romani.
“Gli assalti al nostro territorio – spiega Mollica – non si fermano mai. In zona Molara, nel pieno di un’importantissima area archeologica, sfruttando la legislazione sui PUA (Piani di Utilizzo Aziendali) si sta preparando una maxi colata di cemento, una speculazione che, se dovesse andare in porto, ferirà a morte la Valle della Via Latina, per la quale già ci eravamo mobilitati per l’istituzione di un parco archeologico.
“Come Verdi ci siamo già attivati per fare pressione verso tutte le istituzioni per bloccare i lavori e chiedere il ritiro del progetto di edificazione – conclude il Coordinatore dei Verdi – e saremo a Grottaferrata il 5 maggio per partecipare alla manifestazione.”
Ciampino e le case popolari: la sfida dell'innovazione
Il compagno Guglielmo Abbondato, dell'esecutivo regionale del Lazio fa il punto sulla questione delle case popolari a Ciampino.
Una volta approvato questo strumento urbanistico, la cui discussione è stata rimandata nell’ultima seduta di consiglio comunale, il Comune sarà in grado di aprire un bando pubblico, cui potranno partecipare le cooperative edilizie, che da tempo attendono l’assegnazione di aree per poter costruire alloggi per i loro soci.
Cittadini, sempre in maggior numero, che non sono in grado di sostenere l’inarrestabile corsa al rialzo del mercato immobiliare e continuano a rimandare la soluzione di quella che in molti casi diventa “l’emergenza” casa. Il problema dell’accesso alla casa rappresenta ormai uno dei maggiori assilli delle famiglie italiane, specie le giovani generazioni che vorrebbero progettare il proprio futuro. Dunque l’approvazione di piani di edilizia economica e popolare non può che rappresentare una risposta urgente e concreta al diritto di cittadinanza della popolazione locale.
Detto questo, vale la pena di aprire una riflessione su come progettare e costruire nuovi alloggi in un passaggio cruciale del futuro del nostro pianeta. I cambiamenti climatici e l’aumento della temperatura media del pianeta sono da tempo al centro dell’allarme mondiale lanciato dall’ONU: la temperatura della terra salirà fra gli 1,8 e i 4° entro questo secolo, il 20/30% delle specie animali e vegetali rischia l’estinzione, molti paesi finiranno sott’acqua. Le alte temperature di questi giorni, che solo il calendario continua a ritenere“primaverili”, dicono che la siccità non rappresenta più una minaccia per il nostro paese, ma già una drammatica emergenza.
In questo quadro non è possibile sottrarsi alla ricerca di un nuovo equilibrio tra l’attività umana e i sistemi ambientali. Nella progettazione e realizzazione di nuove case occorre dunque accogliere la sfida per perseguire obiettivi bio-ecologici dei sistemi edilizi di nuova edificazione, che vanno dall’utilizzo di energia pulita e amica del clima, all’efficienza e al risparmio energetico, dalle modalità di trattamento delle acque reflue, alla raccolta e riutilizzo delle acque piovane, dalla riduzione della produzione alla raccolta e conferimento dei rifiuti, dalla organizzazione della mobilità sostenibile di collegamento urbano, all’assetto degli spazi aperti e delle aree verdi per un miglior confort climatico ed ambientale.
Per realizzare una svolta radicale nella realizzazione di nuovi insediamenti è decisivo costruire contestualmente agli strumenti urbanistici, un sistema di regole e di norme adeguate.
Non c’è più neanche l’alibi dei costi aggiuntivi che deriverebbero dal perseguire sistemi innovativi di bioedilizia nella costruzione di alloggi economici e popolari. Una serie di misure contenute nella finanziaria nazionale e in quella regionale declinano una serie di incentivi che vanno dalla deduzione fiscale del 55% per interventi che migliorano le prestazioni energetiche degli edifici, al nuovo conto energia per il fotovoltaico con nuove tariffe incentivanti per i produttori di energia rinnovabile. La stessa filiera del bioedile ha ridotto ragionevolmente le plusvalenze economiche della prima ora e risulta oggi in linea, se non addirittura più vantaggiosa sul mercato edile. Resta solo alla politica, se ne sarà capace, far crescere nella società e nelle istituzioni la coscienza che o in futuro cambiano i modelli dell’abitare, del produrre, del consumare, del far circolare persone e merci o questo pianeta rischia di non aver futuro.
Il bilancio ambientale
L’Assessorato all’Ambiente e alla Cooperazione tra i Popoli promuove nelle province del Lazio una serie di incontri con cittadini, associazioni, enti locali e soggetti economici per presentare il bilancio 2007 dell’Assessorato e aprire un confronto sulle azioni di governo per il triennio 2007-2009.
“La partecipazione dei cittadini ai processi decisionali degli Enti locali - spiega l’Assessore all'Ambiente e Cooperazione tra i Popoli Filiberto Zaratti - rappresenta un pratica delle democrazie avanzate, ancor più quando le scelte riguardano l’ambiente.
Per questo sono convinto che il confronto e la concertazione con quanti vivono e lavorano nei territori della nostra Regione, possa meglio orientare le azioni di governo programmate in sede di bilancio.
Chi meglio degli amministratori locali - prosegue Zaratti - dei rappresentanti delle categorie sociali e imprenditoriali, delle associazioni e dei comitati di cittadini è in grado di conoscere le criticità e valutare le reali esigenze di un territorio.
Per questo l’Assessorato ha promosso questa prima serie di incontri pubblici per condividere assieme ai cittadini il bilancio programmatico dell’ambiente per il prossimo triennio”.In fondo alla pagina trovate il materiale preparatorio delle assemblee.Questo il calendario degli incontri pubblici:
Tivoli, 20 aprile, ore 15 - Comune di Tivoli - Scuderia Estensi Piazza Garibaldi
Roma, 24 aprile, ore 10,30 - Provincia di Roma - Palazzo Valentini, Via IV novembre, 149
Frosinone, 27 aprile 2007, ore 15 - Provincia di Frosinone, Piazza Gramsci, 13
Viterbo, 3 maggio, ore 15,30 - Provincia di Viterbo, Via Saffi, 49
Civitavecchia, 4 maggio, ore 15,30 - Comune di Civitavecchia, Piazza P. Guglielmotti, 7
Ciampino, 7 maggio, ore 17,30 - Comune di Ciampino, Via IV novembre
Latina, 10 maggio, ore 15,30 - Provincia di Latina, Via Costa, 1
Ognuno agita il suo allarme!
Il compagno Guglielmo Abbondati, dell'esecutivo regionale del Lazio risponde ai deliri sviluppisti di Confindustria.
Nel caso degli inceneritori con produzione elettrica, quelli per intenderci che“valorizzano” il CDR (combustibile da rifiuti) sarebbero a rischio, dice il documento dell’Abi, investimenti per 3,5 miliardi di euro. A determinare le perdite sarebbe la fine annunciata, ma ancora molto controversa, del vecchio incentivo Cip6, soldi che prelevati dalle bollette dei consumatori servivano per finanziare l’elettricità prodotta da fonti rinnovabili di energia, tra le quali era inclusa quella derivante dalla combustione dei rifiuti. Ma certo non sarà facile per i gruppi finanziari trovare analoghe garanzie “statali”, visto che questo meccanismo da tempo era stato cancellato negl’altri paesi dell’UE.
Ma sotto accusa sono anche i “ripensamenti” rispetto a impianti già autorizzati. Come il caso della centrale di Torrevaldaliga Nord a Civitavecchia, la cui trasformazione a carbone da parte dell’Enel, sta generando un grandissimo allarme, questa volta non finanziario, sociale e politico per gli effetti sanitari e più in generale ambientali che la trasformazione di tale impianto produrrebbe su quelle comunità. Tanto che il Ministero dell’Ambiente sarebbe intenzionato a riaprire i termini della Valutazione d’Impatto Ambientale. Un allarme che trova fondamento in un recente rapporto del Potsdam Istitute For Climate Impact Research che attribuisce alla combustione del carbone la principale causa del surriscaldamento del pianeta e in particolare alle centrali termoelettriche funzionanti a carbone le prime responsabili dei cambiamenti climatici.
Proprio i cambiamenti climatici e l’aumento della temperatura media del pianeta è al centro dell’ennesimo allarme lanciato dall’ONU: la temperatura salirà fra gli 1,8 e i 4° da qui al 2100, il 20/30% delle specie animali e vegetali rischia l’estinzione, molti paesi finiranno sott’acqua. Di fronte a questi scenari apocalittici persino i paesi storicamente più riottosi, per lo meno a parole, sembrano ora disponibili a sottoscrivere accordi internazionali per la riduzione delle emissione dei gas serra. Ora francamente l’ossessione di veder peggiorate il rating dell’Italia per l’indeterminatezza cui vanno incontro i grandi gruppi finanziari, non pare sia il principale motivo per il quale i cittadini di questo pianeta debbano preoccuparsi.
Riprendiamoci lo Spolverini
Ancora una volta è ventilata l’ipotesi di chiusura dell’Ospedale Specializzato Regionale di Ariccia Spolverini, già avanzata in numerose sedi istituzionali, ed il suo “eventuale” trasferimento nel futuro ospedale dei Castelli Romani di Fontana di Papa.
Gli ariccini non sono interessati ad una soluzione di basso profilo che non dia garanzie per il recupero della qualità delle prestazioni sanitarie e dei livelli di eccellenza e di prestigio che questo ospedale ha raggiunto nel suo recente passato ed auspicano il potenziamento delle sue prestazioni con l’inserimento di nuovi reparti e servizi che arricchiscano l’offerta sanitaria senza disgregare e depauperare ulteriormente, come finora è avvenuto, la professionalità e le strutture esistenti. Coloro che, in modo più o meno esplicito, stanno lavorando contro gli interessi dei cittadini per accelerare il degrado dell’ospedale e per sradicare questa struttura dal tessuto sociale di Ariccia, sappiano che non verrà permesso mai che gli anziani, i malati, i portatori di handicap e tutti gli altri utenti dello Spolverini vengano scippati di una delle poche strutture pubbliche esistenti nella Regione Lazio, in grado di affrontare correttamente il trattamento riabilitativo di molte e gravi malattie neurologiche. Nessuno ratifichi qualsiasi decisione concernente lo Spolverini senza una preventiva consultazione dei cittadini interessati e delle associazioni politiche e culturali del territorio. Il Comitato Cittadino vuole essere ascoltato dalle istituzioni politiche e sanitarie per motivare il proprio dissenso e per illustrare le proposte alternative dei cittadini. La sanità dei Castelli Romani va potenziata e razionalizzata e non distrutta e mortificata! La tua firma contro ogni progetto di chiusura: riprendiamoci lo Spolverini!
Colline Romane? NO GRAZIE!!!
"L'effetto dell'approvazione dei patti territoriali nel panorama politico di Albano è forse più grave di quello che molte forze politiche vorrebbero far credere."
"Le dimissioni dell'ex assessore Pini sono, per quanto si apprende dalle sue stesse dichiarazioni su cinque giorni, conseguenza dell'approvazione stessa di quei patti che a nostro avviso rappresentano una vera e propria vergogna per Albano e un reale pericolo per la sostenibilità già compromessa del territorio."
"L'assenza di un piano regolatore e a quanto sembra l'assenza di volontà di realizzarne uno in tempi brevi sono la dimostrazione del fallimento della politica urbanistica dell'attuale amministrazione, quello che è passato nell'ultimo consiglio comunale è quasi grottesco, le dimensioni dei progetti e la gravità dei contesti in cui sono inseriti lascerebbero allibito qualunque esperto di urbanistica."
"In un paese normale a nessuno verrebbe in mente di costruire una sala congressi sulle rovine di terme romane, ad Albano Laziale invece una tale folle proposta oltre ad essere pensata e tradotta in un progetto, passa addirittura il vaglio del consiglio comunale"
"Tutto questo accade mentre a Cecchina i contratti di quartiere trasformano zone verdi in loculi di cemento, a Pavona si paventano opere urbanistiche faraoniche e il centro storico collassa su se stesso con palazzi storici al degrado."
"Inquietanti sono poi le dichiarazioni (fatte dall'assessore Zazza durante l'ultimo consiglio comunale) secondo le quali il fantomatico piano particolareggiato del centro storico prevederebbe la possibilità, per palazzi privi di vincoli architettonici, di abbattimento e riedificazione con aumento di un terzo la propria cubatura a patto di realizzare parcheggi sotterranei."
"Le domande sono due: chi deciderà quali palazzi saranno soggetti a vincolo? ma soprattutto che città avete in mente di lasciare alle generazioni future?"
"Come verdi ci sentiamo ancora una volta indignati, nelle prossime settimane avvieremo una campagna informativa sui patti territoriali sia quelli approvati in consiglio, che quelli ancora da approvare, invitiamo la cittadinanza di albano Cecchina e Pavona a manifestare con noi il proprio disappunto mobilitandosi e informandosi su chi disegna le loro città e il loro futuro.
Claudio Fiorani portavoce del circolo dei verdi Ilaria Alpi di Albano Laziale.
al via la campagna territoriale SALVAICASTELLI
I Verdi dei Castelli Romani danno il via alla campagna territoriale sulle emergenze ambientali.
La campagna è stata inaugurata il 15 aprile scorso, ad Ariccia, quando i Verdi, insieme ai COBAS scuola Castelli Romani, al Laboratorio Politico Culturale di Ariccia, al Gruppo Consiliare Ariccia Città Futura e all'Associazione Ambientalista La Farnia, sono scesi in piazza per chiedere il ritiro del progetto per la realizzazione di una strada dentro Parco Chigi.
In quell'occasione gli ambientalisti hanno raccolto 350 firme contro il progetto approntato dall'amministrazione Cianfanelli.
Le iniziative, nei prossimi mesi, continueranno su tutti i Castelli Romani.
“La campagna - spiega Andrea Tupac Mollica, Coordinatore dei Verdi dei Castelli Romani - si articolerà in una serie di presenze nei Comuni dei Castelli Romani per portare a conoscenza le cittadine e i cittadini degli ecodisastri che si stanno preparando nel nostro territorio”.
“Saremo ad Albano - prosegue il Coordinatore dei Verdi - che sta per essere inondata di cemento in tutte le sue ultime aree di pregio dagli scellerati Patti territoriali delle Colline Romane. Poi a Genzano, per contestare gli interventi edificatori sulle coste del lago di Nemi, a Rocca di Papa per fermare il progetto di realizzazione del nuovo cimitero sull’Orrido di Pentima Stalla, a Castel Gandolfo per promuovere un progetto di salvaguardia e autentica valorizzazione
del Lago Albano ed in tutti i comuni dove sono in atto gravi emergenze ambientali”.
“Distribuiremo materiale informativo e raccoglieremo le firme per chiedere lo stop a questi progetti. Invitiamo ad una grande mobilitazione i cittadini, le associazioni ambientaliste, i comitati e tutti i soggetti civici e politici che hanno realmente a cuore le sorti della nostra meravigliosa terra, che si trova oramai da anni sotto l’assedio costante delle lobby del cemento e dell’asfalto”.
"Colgo inoltre l'occasione - conclude Mollica - per ringraziare il WWF Castelli Romani, Greenpeace Castelli Romani e l'Associazione Ambientalista Speculum Dianae per la partecipazione alle nostre iniziative."
E lo chiamano sviluppo...
Giova ricordare che una parte consistente dell'area dovrebbe essere destinata al "corridoio verde" di raccordo fra il Parco regionale dell'Appia Antica e quello dei Castelli Romani, sotraendola, in tal modo, agli appetiti speculativi dei deliri hollywoodiani come quelli del "progetto di sviluppo" di cui sopra. A questo punto una domanda sorge spontanea: a quando la Piramide di Cheope?
...e lo chiamano sviluppo!!!
I comitati d’affari (DS, Margherita, Udeur, Forza Italia, Alleanza Nazionale,
UDC) e più in generale i partiti politici, con l’iniziativa dibattito del 21
Dicembre scorso, avvenuta presso Villa Appia promossa dal consorzio "Iniziativa
Europea G.E.I.E." con il roboante titolo "Progetto Città d’Impresa", hanno
definitivamente chiarito, agli occhi dell’opinione pubblica, che soprattutto sul
piano economico-sociale le differenze politiche tra il centro-sinistra e il
centro destra sono inesistenti. Convergendo su una logica lobbistica della
spartizione del bottino derivante dalla speculazione edilizia realizzata con il
PRG truffa, le forze politiche continuano a propagandare, opere inutili e
dannose per la collettività, con il solo obbiettivo di realizzare profitti.
Al sopraccitato convegno, come anticipato dal manifesto esposto nei giorni precedenti, hanno partecipato illustri dirigenti di entrambi gli schieramenti politici: Rugghia, Carella, Ponzo per i DS Verzaschi e Fedeli (Udeur), Aracri, Desideri, Palozzi, per il centro-destra e tutti, hanno espresso allo stesso modo, la ferma volontà politica adducendo la strumentale motivazione dello sviluppo e del progresso sociale collettivo, di appoggiare il progetto imprenditoriale proposto dal consorzio summenzionato.
Il progetto prevede nella zona del Divino Amore, (ultimo baluardo verde rimasto vergine dalla speculazione edilizia), la lottizzazione di un’area di 52 mila metri quadrati per la realizzazione di un mega centro polifunzionale.
Nello specifico, nella suddetta area, saranno presenti varie attività commerciali tra cui, un Centro Commerciale, attività turistico-ricettive (Alberghi) e fantomatiche attività sportive (cittadella dello sport). Ciò che balza subito agli occhi, è l’assurdità di un progetto stile americano che secondo politici e imprenditori, dovrebbe risolvere definitivamente la questione sviluppo e lavoro. In questi anni, e in particolare nell’ultimo decennio, gli stessi promotori politici che oggi asseriscono la necessità di tale opera, sono stati i maggiori responsabili della distruzione del territorio ad opera della speculazione edilizia. Soprattutto Desideri come ideatore e Palozzi come sostenitore della famigerata delibera 50 e del PRG truffa, i quali tra circa due mesi, saranno processati insieme ad altre 84 persone per reati urbanistici, al convegno, insieme ai rappresentanti dell’Udeur, sono stati i maggiori patrocinatori del progetto.
Perché costoro invece di sostenere una politica invasiva e sviluppista che ha favorito e continua a favorire, illegalmente la costruzione di case su ogni lembo di terra; non hanno invece, sostenuto con precise politiche mirate a favorire un’integrazione delle attività produttive con il tessuto sociale del territorio? Perché hanno consegnato interi ettari di vigne alla speculazione edilizia impedendo così, uno sviluppo improntato sulla produzione e commercializzazione del vino? Perché il territorio di Marino in particolare le sue frazioni, devono essere sradicate dalla loro storia di città Castellana e annessi come quartiere dormitorio all’area metropolitana Romana?
Siamo convinti assertori che il territorio di Marino non ha bisogno di faraoniche opere che distruggono l’ambiente in stile Val di Susa o Ponte sullo Stretto, ma al contrario, l’economia del territorio, si può rilanciare, attraverso politiche di salvaguardia e valorizzazione del territorio stesso delle sue bellezze naturalistiche ampliando e migliorando, qualitativamente, la produzione e la commercializzazione del vino. Persino la risoluzione della drammatica condizione abitativa determinata dalla delibera 50 può essere un volano per lo sviluppo, per questo e per i motivi sopraccitati, diciamo No alle grandi opere e invitiamo tutta la cittadinanza, alla mobilitazione contro la speculazione edilizia che sta divorando il nostro territorio. Da anni, rivendichiamo la realizzazione di servizi pubblici come: scuole, asili nido, verde attrezzato, strutture ricreative per i giovani, da ricavare attraverso il recupero delle aree attualmente invase dalla speculazione edilizia e contes!
tualmente continuiamo a chiedere con forza, la revoca dell’ormai agonizzante PRG (Piano Regolatore Generale) truffa, vero responsabile del disastro urbanistico.
Ci risiamo!! Nuovo attacco a Parco Chigi
Il Parco Chigi di Ariccia, il cui grande pregio storico-ambientale è stato
ripetutamente “usato” e sbandierato da tutte le amministrazioni comunali degli
ultimi 18 anni ogni qual volta conveniente ai propri scopi, in questi giorni
viene ancora una volta sottoposto alle attenzioni sconsiderate e nocive di
qualche mente “svergognata”… che crede di disporre di una specie di giardinetto
pubblico nel quale allestire tristi spettacolini, forzosamente allietati da
animali inconsapevoli. Sbandierare il Parco, sinora, è servito a gettare, negli
occhi dei cittadini e degli agognati turisti, quel fumo di cui Ariccia, da
qualche anno, è invasa… pur se l’arrosto, ad oggi, è principalmente quello della
Porchetta… ma quando il Parco Chigi sarà raso al suolo ed il fumo
automaticamente si dissolverà, allora i cittadini potranno ammirare quanto era
grande l’amore per questo piccolo ma grande bosco da parte dei vari
amministratori pubblici e delle altre mezze-figure che gravitavano ostinatamente
intorno al Parco a vario titolo e con diverse mire.
Perché questo allarme?
Perché nel Parco Chigi sono stati nuovamente introdotti i Daini, contro ogni logica, contro evidenza, contro ogni decenza, contro la normativa vigente e, ancora più grave, contro ogni pubblica utilità… anzi a danno della stessa! Sia chiaro che, nella storia in questione, i Daini sono soltanto vittime agli occhi di chi scrive, al pari del Parco Chigi.
Allo scopo di capire meglio, facciamo un breve passo indietro, ricapitolando sinteticamente quanto avvenuto dal 1989 a poche settimane fa:
pochi Daini vennero ufficialmente introdotti dall’amministrazione comunale di Ariccia all’indomani dell’acquisizione del Parco Chigi, per rinverdire una tradizione nobile ormai desueta ma, evidentemente, ancora utile come pretesto. La memoria di questo evento è sicuramente serbata tra i ricordi dell’attuale Sindaco, allora promotore della decisione (praticamente l’unica riservata a Parco Chigi) e, oggi, ancora fiero della stessa…
Inconsapevolmente, in pochi anni, quei Daini ed i loro molti e frequenti figli distrussero ogni traccia di sottobosco arbustivo ed erbaceo (viburno, corniolo, edera, orchidee spontanee, ecc.) e di rinnovamento degli alberi, come ampiamente prevedibile viste le dimensioni limitate dell’area e la cinta muraria che la rende invalicabile. Infatti, i Daini, alla stregua delle capre, si adattano ad ogni forma di cibo vegetale (anche cortecce e giovani rami), soprattutto se sono rinchiusi in un’area recintata, quindi senza possibilità di scegliere l’alimentazione preferita.
Nel frattempo le amministrazioni si avvicendavano, simili tra loro per certi aspetti… ma del Parco Chigi e dei suoi mali nessuno si curava con sincere intenzioni, salvo tornare a sbandierarlo come vessillo di un’Ariccia da svendere come mèta di un turismo di bassa, bassissima qualità. In seguito, dopo vari eventi poco chiari agli occhi dell’opinione pubblica ma probabilmente molto loschi, i quasi 100 Daini vennero, dapprima, reclusi in una recinzione metallica appositamente innalzata e controllata da sentinelle“zoofile” di grande fede; poi, gradualmente, i Daini vennero “eliminati” dal Parco Chigi… sollevando molto pubblico clamore.
Non contente, altre (… o forse le stesse o forse soltanto simili…) volontà decisero che era ora di provare, oltre ai Daini… e al Tasso e all’Istrice… anche i Cinghiali. Così, a causa del naturale “grufolare” degli inconsci Cinghiale, si accumularono altri danni al suolo, alle radici, agli alberi secolari, all’ecosistema del Parco Chigi; si accentuarono i solchi nel terreno (attualmente profondi oltre un metro). Venne asportato, dalle acque correnti ormai senza freno, quasi tutto lo strato fertile del terreno, causando, inoltre, il crollo di decine di alberi di grande valore ambientale, la distruzione di habitat insostituibili per Ghiri, Picchi, Scoiattoli, Upupe, Insetti ed altre forme, meno note ma ugualmente degne, di vita animale.
Questi gravi danni sono stati segnalati in varie occasioni, sia da esperti del settore “liberi”, sia da esperti incaricati dallo stesso comune di Ariccia! Trattò, per primo, dei potenziali rischi per la vegetazione derivanti dall’introduzione incontrollata di animali, il Botanico locale P. Bassani, ma anche il Forestale E. Rovelli ed altri, anche recentemente. Pertanto, lo scempio ambientale è stato ben conosciuto dalle Amministrazioni, pur se taciuto ai cittadini di Ariccia, ai quali si è preferito presentare il Parco come un luogo (falsamente descritto come ancora intatto) di svago, uno zoo all’aria aperta… e basta! Non anche come l’ultimo, e ormai morente, bosco misto originario dei Castelli Romani, rifugio per animali stanziali e serbatoio per eventuali reintroduzioni di piante autoctone in quei luoghi (molti, per la verità) martoriati nei Castelli Romani; o come produttore di ossigeno e patrimonio paesaggistico e naturalistico. La verità venne ripetutamente nascosta da tutti, di ogni colore politico e senza vergogna.
Inoltre, queste ottuse menti ignorano (o forse preferiscono non tenerne conto?) che il Daino non è un animale peculiare dell’Italia e che, addirittura, viene considerato dagli esperti un potenziale pericolo per le specie autoctone, come il Cervo ed il Capriolo… al punto che si consiglia la sua eradicazione dalle aree dove sia presente (fonti del Ministero dell’Ambiente e dell’Istit. Naz. Fauna Selvatica).
Successivamente, la richiesta di “aiuto” al Parco dei Castelli Romani da parte dell’amministrazione ariccina e la conseguente rimozione dei Cinghiali… particolarmente laboriosa e difficoltosa a causa di curiosi eventi, degni del miglior Houdini… il mago delle sparizioni e delle misteriose evasioni dalle gabbie. Così, per poche settimane, la vegetazione del Parco tornò libera, o quasi, di provare a rigenerarsi e di “turare” le gravissime falle prodotte dall’azione dell’uomo… ma per poco tempo!!!
Infatti, tornando ai giorni nostri, altri Daini, introdotti da altre o dalle solite (?) lungimiranti menti, stanno per trasformarsi in strumento innocente di una nuova replica, aggravando il disastro ambientale già conosciuto ed appena sommariamente descritto!
La differenza, stavolta, è che nulla più potrà fermare la totale degradazione del Parco Chigi se questi Daini, e i loro molti discendenti, rimarranno a lungo al suo interno.
Come potrà, infatti, resistere in futuro se cadranno tutti gli alberi secolari? Se tutti i giovani alberi saranno mangiati dai Daini? Se l’acqua non avrà più alcun tipo di controllo naturale ma sarà libera di acquistare velocità travolgendo ogni cosa e scalzando sempre di più le radici? Se il suolo, di conseguenza, sarà reso sempre più sottile e sempre meno fertile? Non serve alcun tipo di preparazione scientifica ma soltanto un poco di buon senso per rispondere che: non potrà! Sarà cancellato in qualche anno, con ritmo accelerato, e per ricostituirlo come era non saranno sufficienti poche decine di anni ma tempi misurabili in secoli…. tanto impiega, infatti, un albero di 4 metri di circonferenza, alto 20 o 30 metri, a divenire tale oppure un bosco a divenire “maturo” partendo da una sterile pietraia. Queste righe non sono improntate al catastrofismo, sia chiaro, ma all’analisi scientifica della incontestabile realtà in previsione futura. Cosa mai cercheranno di sbandierare allora i nostri politici come emblema di un’Ariccia bella e verde?
Fermare questa calamità “artificiale” è d’obbligo!… e, soprattutto, cercare di smascherare i responsabili, ignoranti rispetto alla gestione delle aree naturalisticamente rilevanti, incapaci di perseguire il bene pubblico, ciechi e sordi di fronte alla gravità dell’evidente realtà! Evitare che gli alberi continuino a cadere, ormai privi di sostentamento, è necessario; impedire che altri animali inermi, attualmente i Daini, vengano fatti bersaglio di una gestione irrispettosa oppure, peggio, di “attenzioni” illecite da parte di “ignoti” bracconieri, è urgente.
Al termine di questo articolo-appello-denuncia, una breve nota: il Parco Chigi si trova all’interno del Parco Regionale dei Castelli Romani; si auspica, proprio per questo motivo, che tale Ente territoriale si adoperi per esercitare il suo potere, si mobiliti per documentare eventuali azioni illegali e per contribuire al perseguimento dei responsabili, impedendo in tal modo ogni sfregio alla già fragile integrità di Parco Chigi. Inoltre, Parco Chigi è classificato come potenziale Riserva Naturale Integrale (cioè, posto al massimo grado di importanza nella scala dei valori di salvaguardia); pertanto, pur essendo di proprietà del Comune di Ariccia, è sottoposto interamente ai vincoli del Parco Regionale, competente in materia di tutela ambientale e di eventuali reintroduzioni di animali… sottoposte a rigidi protocolli scientifici ed etici e non alle voglie sciagurate di chi ha la fregola di dilettarsi con la manipolazione di animali ignari e con i beni pubblici… sfasciandoli!
Dati utili sulla sanità nel Lazio
Cari amici,
come sapete l’ipotesi alla quale stiamo lavorando da
alcune riunioni è quella di dar vita a un gruppo di lavoro stabile sui temi
della sanità nella nostra regione, di organizzare una pagina sul sito del Gruppo
consiliare (VERDinSALUTE), di preparare una prima iniziativa pubblica che
preceda gli “Stati generali” sulla sanità annunciati da Piero Marrazzo e
calamiti altre partecipazioni, aprendo la strada a nuove iniziative più di
settore (la prevenzione, la salute mentale etc…).
Nelle pagine che
seguono ho provato a riassumere i contenuti delle discussioni fin qui fatte,
quanto è successo in questi mesi e i documenti prodotti e/o procurati da molti
di noi sullo schema di lavoro che insieme abbiamo definito:
Trasparenza
e partecipazione: il Bilancio sociale e di missione
Più Salute, meno Sanità:
il Piano regionale di prevenzione
Più Territorio, meno Ospedale: i Piani di
riassetto e il nuovo PSR
Buone pratiche e idee innovative.
Spero di
non aver dimenticato troppe cose, anche se alcuni punti vanno sicuramente
ampliati…Arturo Castrillo
alcuni dati (desunti dall’annuario statistico 2005 – fonte asp)
A dicembre del 2004 -su una popolazione complessiva di 58.462.375 abitanti- il Lazio, con una superficie territoriale di 17.235 Kmq, aveva 5.269.972 residenti così distribuiti nelle cinque province che lo compongono:
ROMA 3.807.992 (con 121 comuni)
LATINA 519.850 (con 33 comuni)
FROSINONE 490.000 (con 91 comuni)
VITERBO 299.830 (con 60 comuni)
RIETI 153.258 (con 73 comuni)
per un totale di 378 Comuni
Il Servizio sanitario regionale è organizzato in 12 ASL (a cui va aggiunta l’ARES 118) di cui 5 nella città di Roma (RM A-E) 3 nella sua provincia (RM F-H) e 1 per ciascuna delle altre quattro province (RI, VT, FR, LT).
Ogni ASL è poi articolata sul proprio territorio in Distretti sociosanitari attraverso i quali l’Azienda Sanitaria Locale attiva i percorsi assistenziali e i servizi, a partire dai medici di medicina generale che -nel 2004- erano 4.841 (circa 1x1000 abitanti) a cui si aggiungevano 759 pediatri (circa 1x760 bambini).
I Distretti sono strutture orizzontali (tra i servizi sociosanitari) e verticali (tra i servizi territoriali e quelli ospedalieri) e nella nostra regione sono in totale 37: 18 nella provincia di Roma, 5 nelle provincia di Latina, Rieti e Viterbo, 4 in provincia di Frosinone.
la diagnostica
I presidi che nel 2004 hanno erogato l’assistenza specialistica ambulatoriale nel Lazio erano 989 di cui 366 strutture ambulatoriali a gestione pubblica, 601 strutture private e classificate provvisoriamente accreditate (l’83 % concentrate nelle ASL di Roma) 22 strutture ambulatoriali aziendalizzate.
Nel 2004 nelle ASL e nelle strutture aziendalizzate sono state compilate più di 19 milioni di ricette ed erogate oltre 79 milioni di prestazioni, di cui:
62.9% Laboratorio analisi e radioimmunologia (36.8 % della spesa per prestazioni)
20.6% Medicina fisica e riabilitazione (15.1 % della spesa per prestazioni)
3.8% Radiologia diagnostica e Diagnostica per immagini (12.5 % della spesa per prestazioni).
Altre branche il cui “peso” nella spesa per l’assistenza specialistica è particolarmente rilevante sono la Risonanza Magnetica Nucleare (RMN) che assorbe il 9.8 % della spesa totale e la Cardiologia che assorbe il 4.5 % della spesa totale.
la farmaceutica
Secondo l’AIFA (l’Agenzia italiana del farmaco) la spesa farmaceutica nel Lazio a fine 2006 arriverà a 1 miliardo 550 milioni di euro, ben oltre la media nazionale attestata al 13 % per la convenzionata territoriale e al 3% per quella ospedaliera. Peraltro l’Assessore regionale al Bilancio L. Nieri ha ribadito che l’abolizione del ticket sull’acquisto dei farmaci ha provocato un mancato incasso di 50 milioni di euro. Una goccia nel mare.
i ricoveri ospedalieri
Nel 2004 nel Lazio hanno operato 189 Istituti di ricovero e cura di cui:
54 Presidi ospedalieri ASL;
4 Aziende ospedaliere: S. Camillo-Forlanini, S. Giovanni, S. Filippo Neri e S. Andrea;
4 Policlinici universitari: Umberto I°, Tor Vergata, Gemelli e Campus Biomedico;
6 Istituti di ricerca e cura a carattere scientifico (IRCCS): Spallanzani, IFO, Bambin Gesù, Fondazione Santa Lucia, IDI e INRCA;
8 Istituti non classificati (nelle sole ASL di Roma RM A-E);
33 Case di cura non accreditate;
80 Case di cura accreditate ( il 76.7 % nelle ASL di Roma e provincia RM A-H).
Sempre nel 2004 i posti letto a disposizione dei cittadini laziali per ricoveri ordinari sono stati 26.528 pari a 5.5x1000 abitanti a cui vanno aggiunti 3.338 posti letto in day-hospital (0.6x1000 abitanti).
In base alle schede di dimissione ospedaliera (SDO) nel 2004 ci sono stati 828.567 ricoveri ordinari per un totale di 7.881.119 giornate di degenza (degenza media 9.5 gg.) e 461.143 ricoveri in day-hospital per complessivi 1.720.990 giorni di degenza (degenza media 3.7 gg.). L’82 % dei ricoveri (e delle degenze totali) sono concentrati nelle ASL di Roma e provincia e nelle AO.
Nel 2005, su una popolazione regionale di 5.469.972 residenti, le dimissioni a carico del Servizio sanitario regionale sono state 1.381.617 delle quali 1.276.569 per acuti, con il 61% in regime ordinario, il 39% in DH.
Analizzando la distribuzione per MDC (Major Diagnostic Category) i ricoveri che “pesano” di più sono quelli dovuti a malattie e disturbi del sistema cardiocircolatorio (11.8%), ostemuscolare / connettivo (10.2%) e digerente (8.3%).
In una recente intervista a ”l’Espresso” Umberto Veronesi ha dichiarato che degli oltre mille ospedali del nostro Paese, dove ogni anno si recano dai 15 ai 20 milioni di italiani sia come visitatori che utenti, il 30% è stato costruito prima del ‘900, un altro 30% tra il 1900 ed il 1940 e si stima che –a seconda delle specialistiche- un posto letto costa tra i 1000 e i 1.500 euro al giorno (il 70 % di tale cifra è determinato dal costo del personale).
A fine ottobre, in occasione del confronto tra Giunta regionale e Governo nazionale per concordare il Piano di rientro dal debito, la stampa ha pubblicato molti dati riguardanti la sanità nel Lazio aggiornati al 2006:
su un bilancio regionale di 19 miliardi di euro, la spesa sanitaria è di 9 miliardi l’anno pari al 62 % dell’intero bilancio ma è previsto che salirà a 10.010 milioni di euro nel 2007;
di questa cifra il 53,4 % viene impegnata per i ricoveri e il 46,6 % per la sanità territoriale (la media nazionale è esattamente il rovescio);
il 45 % della spesa in sanità è assorbito dal settore pubblico, il 55 % da quello privato;
a proposito di posti letto accreditati, nel 2006 sono 28.761 di cui 22.941 per acuti (53% pubblici, 33% equiparati, 15% privati) e 5.820 per lungodegenza e riabilitazione (11% pubblici, 17% equiparati, 72% privati).
Siamo a 5.5 posti letto x 1000 abitanti; 4.4 per acuti, 1.1 per lungodegenza e riabilitazione, assicurati da 144 strutture ospedaliere delle quali il 40% pubbliche, il 13% equiparate (Policlinici universitari, IRCCS e Ospedali classificati), il 47% private.
il debito
Il debito complessivo, secondo i dati resi noti dal Presidente della Giunta regionale nel Consiglio straordinario del 16 novembre, ammonta a 9 miliardi 537 milioni di euro anche se 2 miliardi sono di mancato trasferimento da parte dello Stato per il biennio 2004-2005. È il più elevato d’Italia, sia in valore assoluto che in termini pro-capite, con andamento esponenziale.
È composto da 3 miliardi 694 milioni di euro derivanti dai disavanzi (rispetto ai fondi di trasferimento) del 2004-20005, ai quali si aggiungono 3 miliardi 666 milioni di euro verso creditori ( non saldati né transatti) e 2 miliardi 177 milioni di euro derivanti dai fondi statali non trasferiti.
È un debito superiore alla spesa di un anno in sanità e come prima conseguenza ha già provocato l’aumento dell’ addizionale IRPEF (che è passata dallo 0.9 all’1.4 %) e dell’aliquota IRAP (che è passata dal 4.25 al 5.25 %). Sono i livelli massimi -e automatici- conseguenti al pesante deficit della sanità; il totale stimato dal Dpefr in discussione è di 545 milioni di maggiori entrate.
Ultimo problema -ma non certo per importanza- è la quota di debiti non transatti e dunque fuori controllo; È uno stock di debito –non si sa nelle mani di chi- che ai sensi del DL 231/2002 produce a qualcuno interessi di circa il 10% l’anno. Sono questi i dati che hanno provocato il recente abbassamento del rating della Regione Lazio da parte di Standard e Poor’s.
il riassetto della rete ospedaliera
Il primo piano, elaborato dall’Agenzia di Sanità Pubblica della Regione Lazio, prevedeva il taglio di 5.147 posti letto entro il 2009, riportando i parametri della nostra regione allo standard nazionale di 4.5 posti letto ogni 1.000 abitanti (3.5 per acuti e 1.0 per lungodegenza e riabilitazione secondo l’intesa Stato Regioni del 2005).
Prevedeva di eliminare 4.614 posti letto per acuti e 533 per la riabilitazione anche se, già in fase di presentazione, l’Assessore alla Sanità aveva più volte affermato che a suo parere i posti letto da tagliare erano poco più di 3 mila (3.147). Ciò considerando che a Roma ci sono oltre 200 mila abitanti in più (risultano all’anagrafe ma non al censimento), quattro Policlinici universitari, grandi eventi, alta mobilità attiva e un notevole onere formativo nazionale.
Su questo numero è stato infatti elaborato un secondo Piano da parte dell’Asp (v. tabella allegata) da attuare nel trienni 2007-2009. Ma al di là dei numeri, sia la prima che la seconda versione evidenziano l’eccesso di offerta specie in chirurgia generale (37%) e medicina generale (36%) ma non affrontano lo squilibrio che nella nostra regione c’ è tra pubblico e privato che, specie nella riabilitazione e nella lungodegenza, è enorme (circa il 80% è in mano ai privati).
Ovviamente questo non è un nodo tecnico ma politico, ma non è affatto indifferente se e come sarà sciolto e non solo in materia di offerta ospedaliera, perché le stesse considerazioni valgono sia per la diagnostica strumentale che di laboratorio che per la specialistica ambulatoriale.
il piano asp
Il Piano tecnico, elaborato dall’Agenzia di sanità pubblica per il triennio 2007-2009, è un documento “tecnicamente definito e scientificamente orientato al recupero di efficienza e appropriatezza dell’assistenza ospedaliera, rivolto alla razionalizzazione e alla modernizzazione dell’offerta”. Ha come fine la riduzione/riconversione della rete ospedaliera che è uno degli obiettivi posti dal “Patto per il risanamento, lo sviluppo, il riequilibrio e la modernizzazione della sanità nel Lazio” sottoscritto col Governo nazionale e punta a:
ridimensionare i reparti con bassa performance organizzativa;
trasferire in ambulatorio alcune prestazioni ospedaliere;
introdurre le OBI nei P.S. (Osservazione Breve Intensiva);
riconvertire gli ospedali con meno di 100 posti letto in RSA e Hospice che attualmente sono 52 -con 3.181 posti letto- di cui 33 Case di cura accreditate (con il 60% dei posti letto) concentrate nelle RM A, C, E, H;
sopprimere i reparti con 1-2 posti letto (ci sono anche questi!);
realizzare 36 Presidi territoriali di prossimità (PTP) con 10-30 posti letto a gestione distrettuale e non rimborsati a DRG.
Sopra i PTP ci sarebbero –attraverso una riclassificazione – ospedali intermedi, quelli specialistici, quelli di media/alta complessità e infine la rete (secondo il modello Hub and Spoke) di alte specialità per cardiochirurgia, sindrome coronaria acuta, ictus cerebrale acuto, traumi gravi e neurotraumatologia.
A tutto questo si dovrebbero affiancare:
l’ospedale “su cinque giorni” per alcune discipline (Otorino, Odonto, Dermo, Oculistica);
nuovi DEA di II livello (attualmente sono 7, concentrati tutti a Roma);
almeno 5 mila posti residenza in RSA (attualmente sono 82, con 5.359 p.r.);
Dipartimenti oncologici (sono stati 24 mila i nuovi casi nel 2005);
almeno 500 nuovi posti residenza in Hospice, (attualmente sono 11, con 198 p.r.).
il potenziamento dei CAD (attualmente sono 56 in tutto il Lazio);
chi c’è in campo
Sulla sanità del Lazio – oltre all’Assessorato guidato da Augusto Battaglia (Direttore Generale Silvio Natoli) e alla Commissione consiliare presieduta da Franco Dalia – intervengono con diverse funzioni:
Laziosanità, l’Agenzia di Sanità pubblica della Regione il cui Cda è presieduto da Lucio D’Ubaldo (Direttore Generale Claudio Clini);
La Cabina di regia, formata dalla Presidenza e dagli Assessorati Bilancio e Sanità;
Il Cruscotto, affidato a LAIT- Lazio Innovazione Tecnologica;
La Commissione speciale d’indagine sulla riforma del SSR.
l’ eredità
A proposito dell’eredità della Giunta Badaloni, è stato lo stesso Francesco Storace a certificare nell’aprile 2003 all’ allora Ministro dell’Economia che nel Lazio il debito in sanità tra il ‘95 e il ’99 era di 7.400 miliardi di vecchie lire, che diventano circa 20 mila tra il 2000 e il 2005.
E questo nonostante i molti esempi di “finanza creativa” della Giunta di centrodestra; sono tanti, basti per tutti quello della cartolarizzazione degli ospedali, venduti e riaffittati a prezzo di mercato col costo delle manutenzioni in capo alle Aziende sanitarie. Una sorta di danno erariale perseguito per via legislativa, di chi ha venduto i gioielli di famiglia per far cassa e tirare a campare, ma che Eurostat ha classificato come debito!
Sui precari in sanità: fonti sindacali che stanno seguendo il percorso di stabilizzazione affermano che non sarebbero 5 ma 6.000; quelli di “Lazio service” 1.2000 e non 800, altri 1.300 precari si troverebbero nelle società, enti e consorzi che fanno capo alla Regione. Fatta la somma sono 8.500 precari, a cui vanno aggiunti i 540 vincitori di concorso che da due anni aspettano di essere assunti. È un’ altra eredità gravosa del passato, sulla quale qualcuno da anni accumula un fiume di danaro in barba alle retribuzioni previste dai contratti, ai versamenti degli oneri contributivi, all’accantonamento del TFR etc…
Ma la loro stabilizzazione non potrà non essere accompagnata da una moratoria delle nuove esternalizzazioni -per definire le linee di confine tra servizi esternalizzabili e non- e da un incremento dei livelli di produttività e efficienza nelle strutture pubbliche.
La sanità pubblica è una missione (la cura, la formazione, la ricerca...) quella privata una funzione (solo la cura ); ma anche con questa premessa, se nella sanità pubblica non aumenterà la produttività sarà difficile poter trasferire risorse dal privato senza provocare un abbassamento dei livelli di prestazioni ai cittadini.
il rientro
Il Piano di rientro dal debito che la Giunta Marrazzo sta presentando in queste ore al Ministro dell’ Economia prevede –insieme all’ aumento automatico di Irpef e Irap e alla “spalmatura” del debito in n anni- una riduzione dei costi della sanità regionale attraverso un risparmio di 788 milioni di euro nel 2007, di 1.100 milioni nel 2008 e 1.550 milioni nel 2009.
Questi obiettivi sono stati ricavati dal deficit accertato per il 2005 (1.888 milioni di euro) e da quelli previsti per il 2006 (1.200 milioni di euro) e per il 2007 (788 milioni di euro).
L’azzeramento del deficit previsto per il 2007 (788 milioni) si otterrebbe con una riduzione della spesa farmaceutica (-178 milioni), del personale (-197 milioni con il blocco delle assunzioni e del turn over), dei trasferimenti a cliniche e ambulatori convenzionati (-243 milioni), dell’acquisto di beni e servizi (-58 milioni da pulizie, lavanderia, vitto, sorveglianza) e col taglio del 10% dei primari e dei primi 1.500 posti letto per acuti (-100 milioni).
Quest’ ultimo riguarderebbe le ASL di Roma, la RM H ( i Castelli romani ) e la ASL di Latina con -495 p.l. di chirurgia generale, -461 p.l. di ostetricia e ginecologia, -379 p.l. di ortopedia e traumatologia, -170 p.l. di pediatria così ripartiti: -555 p.l. delle ASL, -225 p.l. delle Aziende Ospedaliere, -255 p.l. dei Policlinici universitari, -120 p.l. degli Ospedali classificati, -120 p.l. degli IRCCS pubblici e privati e -225 p.l. delle Case di cura convenzionate.
Prevede anche di abbattere i tempi d’attesa delle prestazioni sanitarie e punta ad aumentare la capacità di erogazione dei servizi da parte delle strutture pubbliche attraverso il pieno utilizzo delle attrezzature e delle risorse. A tal fine ASL e AO entro il 31 gennaio 2007 dovrebbero presentare progetti con aumento dell’orario di apertura al pubblico e definizione dei maggiori costi derivanti.
i primi commenti
Reso noto lunedì 4 dall’Assessore A. Battaglia, il Piano di rientro sarà presentato al Ministro Padoa Schioppa il 6 dicembre, ma è già stato accompagnato dai primi giudizi sia di CGIL-CISL e UIL che di alcune forze politiche della maggioranza alla Pisana (PRC, VERDI e AL) che sostengono:
non basta il riordino della rete ospedaliera ma serve un nuovo Piano sanitario regionale che promuova una riforma radicale del servizio;
il taglio dei primi 1.500 p.l. colpisce per il 70% il pubblico e per il 30% i privati; occorre fare l’esatto rovescio per potenziare la medicina territoriale e abbattere le liste d’attesa;
la sanità pubblica non può continuare a sobbarcarsi (col 45% della spesa) sempre più le attività e le prestazioni più onerose, lasciando ai privati (col 55% della spesa) quelle più “redditizie”;
il taglio dei fondi per il personale renderà impossibile il rispetto del protocollo sottoscritto recentemente dalla Giunta regionale con le organizzazioni sindacali a proposito della stabilizzazione dei precari e degli “esternalizzati” in sanità.
CGIL, CISL e UIL sottolineano infine che, di fronte all’entità della crisi e all’importanza del settore, occorre più dialogo e condivisione sulle scelte e la Giunta regionale deve mostrare “più coraggio, più coerenza e più celerità nell’assumere decisioni”.
la questione politica
È opportuno partire da una premessa: la sanità è probabilmente il più importante banco di prova su cui i cittadini del Lazio, nel 2010, giudicheranno il governo affidata alla guida di Piero Marrazzo. E questo non tanto perché in sanità si spende molto più del 60% dell’intero bilancio regionale, ma perché riguarda un bene primario intorno al quale da troppo tempo nella nostra regione si consumano grandi nefandezze che bruciano risorse e per le quali c’ è da augurarsi che la Magistratura faccia rapida e piena luce dopo le 17 richieste di rinvio a giudizio di questi giorni.
Una sanità “giusta”; fu questo il titolo di quella lunga e articolata parte del programma elettorale dedicata ad un tema centrale per il governo regionale; un programma che si apriva con l’articolo 32 della Costituzione (La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività) e i principi ispiratori della Legge 833/78 (Il SSN garantisce la tutela della persona umana e la promozione della salute di tutti i cittadini secondo i principi di universalità, equità e solidarietà, secondo criteri di efficacia, appropriatezza, accessibilità e continuità di assistenza, indipendentemente dalle loro condizioni socioeconomiche).
Diciotto mesi dopo il Presidente della Giunta regionale definisce la sanità nel Lazio una vera e propria emergenza nazionale che lo ha spinto a chiedere al Governo lo “stralcio” dalle altre regioni, a convocare un Consiglio straordinario e annunciare gli “stati generali” per trovare una via d’uscita ad un debito superiore alla spesa di un anno di attività (circa 10 miliardi di euro).
È una voragine pari a circa un terzo della Finanziaria 2007 del Governo Prodi che il centrodestra, in testa Storace e Augello, si sono affannati a spiegare così: il debito l’ha provocato la Giunta Badaloni, il deficit quella di Marrazzo, ciò che resta è dovuto ai mancati trasferimenti del Governo per il biennio 2004-2005. Un tentativo spudorato per coprire responsabilità politiche lunghe cinque anni in un sistema fuori controllo, dove il caos è stato organizzato ad hoc per coprire corruzione e ruberie, intrecci tra politica, affari e poteri forti.
Ma se, come i bene informati sornionamente ripetono, non è finita qui, può bastare un’operazione verità e trasparenza in materia di conti? O, piuttosto, non è più rinviabile una vera e propria rivoluzione copernicana dell’intero sistema sanitario regionale?
il nostro servizio sanitario
Se l’enorme capacità di diagnosi e cura della medicina moderna sta spostando sempre più il ruolo della sanità dalla cura della malattia (che spesso ignorava il malato) alla tutela della salute, il sistema sanitario della nostra regione appare fermo da troppi anni. Gigantesco, poco efficiente, con tutti i numeri dell’assistenza fuori misura rispetto ai parametri nazionali: dalla spesa per la diagnostica a quella farmaceutica, dai bassi investimenti in prevenzione all’ alto numero dei posti letto in convenzione.
A questo si aggiungono scarsi controlli, sprechi di ogni ordine e grado, truffe e ruberie, nomine di primari (alcuni senza neanche un posto letto) convenzioni facili con privati che operano quasi esclusivamente nelle attività ad alta redditività e bassa intensità di investimenti (riabilitazione, lungodegenza, diagnostica) con il rischio, crescente, che in sanità la domanda sia indotta dall’offerta più che dal bisogno.
Se poi l’ospedale è l’immagine della sanità, il gap tra evoluzione tecnologica e involuzione organizzativa è lampante con ambulatori come ai tempi delle mutue, l’inossidabile rito dei primari –troppi, come troppe sono le strutture complesse- a fare “il giro” con il codazzo in genuflessione, la distribuzione delle risorse pesantemente sbilanciata sulla spesa ospedaliera rispetto a quella territoriale e alla prevenzione.
gli annunci
Dopo l’abolizione del ticket, i nuovi ospedali del Golfo di Gaeta, dei Castelli romani e a Talenti, la sanatoria dei precari in sanità; sono questi i più importanti messaggi in positivo lanciati in questi mesi dal governo regionale all’ opinione pubblica mentre esplodeva il debito (con conseguente aumento di IRAP e IRPEF), si moltiplicavano gli scandali nelle ASL e anche i medici al capezzale della sanità del Lazio: la Presidenza, l’Assessorato, la Commissione consiliare, l’ASP, il Cruscotto, la Cabina di regia, la Commissione d’indagine sulla malasanità…
Il taglio dei posti letto potrebbe essere di tre invece dei cinquemila inizialmente previsti dall’ASP; l’Agenzia di sanità pubblica potrebbe diventare un’Autority, si potrebbero riunificate le ASL di Roma con un ruolo nuovo del Campidoglio in materia di politica sanitaria….
Senza entrare nel merito, l’elenco delle esternazioni più a meno felici e delle prese di posizione più o meno opportune potrebbe continuare a lungo ma alla fine, ad un osservatore neppure troppo attento, fanno capire chiaramente che in materia di politica sanitaria nella coalizione che governa la nostra regione:
non c’è una regia unitaria che condivide una strategia e fissa le tappe per raggiungere il ridimensionamento dell’ offerta ospedaliera, la riorganizzazione della medicina territoriale, la razionalizzazione degli elementi strutturali della spesa;
crescono i conflitti tra le forze politiche maggiori per il controllo del settore sanitario in assenza di idee innovative (illuminante la cronaca del Consiglio straordinario…);
alla vicenda Gutemberg, sollevata da un’interrogazione del PRC, si è aggiunta quella, sollevata da un’interrogazione di Ambiente e Lavoro, dell’appalto per la gestione del RECUP;
si confonde, e non è chiaro quanto volutamente, il livello del risanamento finanziario con quello della riforma del sistema che segni una profonda discontinuità con il passato non solo prossimo.
il gap tra le regioni
Intanto cresce il gap tra regioni “virtuose” e quelle sull’orlo della bancarotta finanziaria e dell’implosione del sistema, col paradosso che dove si spende di più si spende anche peggio.
Nelle prime, in linea con l’evoluzione dei sistemi sanitari del resto d’Europa, insieme al pareggio di bilancio:
si ristrutturano le reti ospedaliere per acuti con sale operatorie, emergenza/urgenza, alta tecnologia e personale specializzato H24;
si affiancano alle reti ospedaliere residenze per il monitoraggio dei pazienti post acuzia, day –hospital e dimissioni protette con reparti di degenza organizzati per organo e piani sanitari per patologie;
più della metà delle risorse disponibili finanziano la prevenzione per la tutela della salute e la sanità sul territorio: ambulatori per la diagnosi precoce e le cronicità, l’assistenza domiciliare, le RSA, gli Hospice…;
si contiene la spesa per la diagnostica e la farmaceutica senza far appello alle aziende perché riducano il marketing, ma con i controlli e coinvolgendo i medici di medicina generale nel percorso di cura dei pazienti e non solo nel ruolo di prescrittori, preoccupati più di difendersi dalle azioni di rivalsa dei loro assistiti che del loro stato di salute.
un’occasione da non perdere
La crisi che soffoca la sanità del Lazio può essere l’occasione per uscire finalmente da una criticità endemica, caratterizzata da un forte squilibrio territoriale fra Roma e il resto della regione e tra ospedale e rete per le cure primarie attraverso strutture di medicina territoriale: poliambulatori specialistici, consultori, residenze sanitarie assistenziali, case famiglia, comunità terapeutiche, centri diurni, hospice, servizi per le tossicodipendenze.
Bastino i dati delle RSA, molte senza guardia medica, che nel Lazio offrono la metà dei posti letto che occorrerebbero (specie a Roma…) o degli Hospice, con 198 posti letto in tutta la regione e totalmente assenti in sette delle dodici ASL.
Ce ne vorrebbero almeno il doppio per malati terminali per i quali i CAD (Centri di assistenza domiciliare) sono costretti ad appaltare a privati le cure palliative e le terapie del dolore di pazienti oncologici che l’ASP stima siano oltre 20 mila in più ogni anno.
Del resto in futuro l’immigrazione e l’invecchiamento della popolazione avranno sempre più ripercussioni sui servizi sociosanitari; cresceranno cronicità e disabilità e i cambiamenti qualitativi e quantitativi della domanda, se non governati, porteranno con sé i rischi di trasformare il diritto alla salute in un privilegio di censo senza una rete sanitaria diffusa che abbia come obiettivo la presa in carico dei pazienti e la continuità dell’assistenza.
Non a caso l’Istat segnala che è già finito il baby boom del 2004 e l’Italia è un paese sempre più vecchio: nel 2005 i morti sono stati più dei nati, 1/5 della popolazione ha oltre 65 anni e i grandi vecchi (oltre gli 80) sono il 5% mentre sale a 76.6 anni la speranza di vita degli uomini e a 83.2 quella delle donne.
Per rimettere in equilibrio il sistema non serve un orientamento meccanico al taglio dei costi ma occorrono scelte coraggiose, a cominciare dalla riduzione dei flussi finanziari verso il sistema sanitario privato che drena risorse senza le quali non può esserci attività innovativa nel pubblico, fatta di prevenzione e assistenza protratta.
Ciò è particolarmente vero nel campo dell’assistenza ospedaliera, dove un taglio di posti letto nel pubblico produrrebbe pochi risparmi economici e minor efficienza. Perché almeno il 70 % dei costi è determinato dal personale, non certo licenziabile con il diminuire dei posti letto.
Dopo anni nei quali è mancata una vera analisi dei bisogni e di programmazione dell’uso delle risorse l’offerta –ospedaliera e non- se non governata rischia di essere sempre più indipendente dai bisogni reali, di indurli e conseguentemente di essere in eccesso rispetto alle risorse disponibili, cacciando il sistema in una logica di economia assistita e clientelare nella migliore delle ipotesi indifferente alla crescita della qualità e dell’efficacia.
Peraltro, orientarsi da soli nel mare dell’offerta sanitaria e trovarsi spesso di fronte all’alternativa tra lunghe attese per liste fuori controllo o pagare esami e prestazioni, capovolge la funzione redistributiva della fiscalità generale per finanziare la sanità pubblica e l’abolizione del ticket rischia di apparire un’ operazione più d’immagine che di sostanza.
una grande “opera pubblica”
Nel Lazio abbiamo il più grande debito e i più gravi scandali d’Italia in materia di sanità; in questi anni si è consumato uno dei più seri casi di malaffare che la nostra regione abbia mai visto, con un ladrocinio che si mangiava pezzi del sistema sanitario in un clima torbido fatto di saccheggio delle casse con cliniche fantasma, accreditamenti lampo, fatture pagate più volte, milioni di ricette falsificate, assistenza ai defunti…
Alla luce di tutto ciò, lo scenario che si delinea per i prossimi anni rischia di esser fatto di aumenti della pressione fiscale, tagli di posti letto, un debito spalmato in chissà quanti anni e via elencando…C’è insomma il pericolo di una vera e propria sindrome da debito schiacciante, con una depressione dell’intero sistema che ricadrebbe, sia qualitativamente che quantitativamente, sull’attore più debole: il malato.
Occorre dunque raccogliere la sfida del risanamento, trasformare un grave problema in una grande occasione per una riforma di sistema che ridisegni l’intero pianeta sanità della nostra regione: la più importante opera pubblica dell’ VIII° legislatura. Per fare ciò va definita una vera e propria Carta degli intenti, che ispiri i principi di un Patto per la salute e fissi i contenuti di un nuovo Piano sanitario regionale.
Dovrebbero essere questi i capisaldi intorno ai quali promuovere gli “Stati generali” della sanità del Lazio per andare oltre un sistema solo curativo e riparatore, consapevoli del “paradosso” della medicina (più progredisce , più costa), che “l‘azienda” in sanità non produce profitto ma salute, che quando le risorse sono scarse si rischia di tagliare di più a chi più ha bisogno (anziani e bambini).
Perché il bisogno di salute non può essere un mercato aperto agli appetiti di potenti gruppi economici e finanziari; con i cambiamenti demografici ed epidemiologici occorre riflettere se sia più conveniente espandere gli investimenti in edilizia sanitaria e nuove tecnologie biomedicali o destinare più risorse alla riforma del sistema.
alcune parole chiave
Stati generali, Carta degli intenti, Patto per la salute, Piano sanitario; ma con quali contenuti? A procedere per punti, alcuni potrebbero essere:
Trasparenza e partecipazione: il Bilancio sociale e di missione;
Più salute, meno sanità: il Piano regionale di prevenzione;
Più territorio, meno ospedalità: i Piani di riassetto e il nuovo PRS;
Buone pratiche e idee innovative.
trasparenza e partecipazione
Lo tsunami finanziario e morale sul più grande asset di cui dispone la Regione Lazio (per usare le parole di P. Marrazzo al Consiglio del 16 novembre) non è solo un problema politico e/o giudiziario. Non basta aggredire gli sprechi, attaccare le rendite di posizione, colpire la malagestione perché da troppo tempo il nostro servizio sanitario naviga a vista, gli slanci riformatori segnano il passo, mancano idee forti e un vero monitoraggio delle performance. Peraltro il debito informativo, la frammentazione e il caos che lo avvolge ci fanno rischiare di conoscere sempre meno il sistema.
Appare perciò urgente riunificare responsabilità organizzative e analisi dei bisogni, facoltà di spesa e onere della raccolta delle risorse. Ma è ancora più urgente l’empowerment, cioè la possibilità/capacità dei cittadini e degli utenti dei servizi di prendere decisioni appropriate. Un elemento che gioca un ruolo fondamentale nella tenuta dei sistemi sanitari di molti paesi europei (come Francia e Germania) dove è al centro del dibattito ma che stenta a entrare nel lessico del nostro servizio sanitario, sia regionale che nazionale.
L’empowerment è inteso come obiettivo di potenziamento e condivisione, delega e trasferimento dei poteri, apertura a nuovi mondi, aumento di capacità, sviluppo di potenzialità cui arrivare tramite forme di auto-aiuto che responsabilizzino e valorizzino i contributi e le forme di sostegno sociale che riconoscono il valore della solidarietà e l’importanza delle interazioni ambientali.
Si può fare riferimento all’empowerment anche per le esperienze di rendicontazione sociale finalizzata a rendere conto ai cittadini a agli altri portatori di interessi del grado di raggiungimento degli obiettivi esplicitati preventivamente da un’ASL piuttosto che da un’Azienda ospedaliera.
È questo il Bilancio sociale che va oltre quello economico finanziario e non riguarda solo il rapporto tra la singola Azienda e il proprio contesto di riferimento, ma anche quello con la regione perché è uno strumento di restituzione ai cittadini di quanto essi hanno richiesto al governo regionale attraverso la scelta della rappresentanza.
In un’ottica di trasparenza e restituzione alle comunità locali del valore prodotto dalle Aziende sanitarie, dell’individuazione e la costruzione di un dialogo con i diversi portatori d’interesse, il Bilancio sociale per ogni ASL può essere una risposta ad un’esigenza di informazione e partecipazione dei diversi interlocutori (cittadini, Enti locali, Associazioni etc…) di ciò che l’Azienda è, degli obiettivi che persegue, dei risultati che produce.
Un’altra modalità è quella che la Regione Emilia Romagna ha chiamato il Bilancio di missione promosso a livello centrale secondo criteri di rendicontazione comuni e predefiniti. In una logica di trasparenza che privilegia l’asse di comunicazione AS-Regione il Bilancio di missione è il documento col quale ogni Azienda sanitaria rende conto al governo regionale del grado di attuazione del mandato conferitole e la Regione non è solo uno degli interlocutori dell’AS ma il principale soggetto chiamato a garantire l’attuazione della missione dell’Azienda nel proprio territorio di riferimento.
Introdurre il Bilancio sociale e quello di missione nel nostro servizio sanitario sarebbero il segno di un’attenzione nuova verso il tema della “resa dei conti” ai cittadini e, insieme a una riduzione del potere monocratico dei Direttori Generali, potrebbero dare una risposta al bisogno di trasparenza e partecipazione per un nuovo inizio della sanità nella nostra regione.
più salute meno sanità
Forse non è inutile ricordare che per l’Organizzazione Mondiale della Sanità la salute è l’insieme di benessere fisico, psichico e sociale e non semplice assenza della malattia. Essa è un diritto inalienabile di ogni essere vivente e la prevenzione resta l’arma migliore per garantire la conservazione dello stato di salute dell’uomo e dell’ambiente che lo circonda.
Con la Riforma costituzionale del 2001 il Ministero della Salute -con l’ausilio tecnico scientifico dell’Istituto Superiore di Sanità- ha solo compiti di indirizzo, mentre le competenze in materia di tutela della salute sono in capo alle Regioni.
Sulla prevenzione il Ministero, con un Piano nazionale 2005-2007, ha proposto gli ambiti d’azione alle Regioni per una politica di prevenzione che, attraverso i comportamenti e gli stili di vita (l’alimentazione, l’alcool, il fumo…) e il miglioramento del contesto ambientale (l’acqua, l’aria, il suolo, il rumore, i rifiuti, l’elettromagnetismo….), fronteggi il vertiginoso aumento delle malattie cronico degenerative e tumorali.
Il Piano nazionale della Prevenzione è stato approvato il 23 marzo 2005 dalla Conferenza Stato Regioni e successivamente il Lazio, con un Piano regionale della prevenzione (anche questo 2005-2007), si è dotato di un programma di interventi che -con il coinvolgimento di ASP, ARPA e ISPESL- riguardano:
le patologie cardiovascolari, con la diffusione della carta del rischio, la prevenzione dell’obesità, delle complicanze del diabete e delle recidive;
lo screening dei tumori;
la prevenzione degli incidenti domestici, stradali e sui luoghi di lavoro;
un piano delle vaccinazioni.
All’ASP viene affidato il compito di monitorare e rendicontare semestralmente l’andamento del Piano organizzato per progetti e la cui piena attuazione e implementazione può dare nel medio/lungo periodo parte delle risposte ai vincoli posti da Padoa Schioppa per la “spalmatura” del debito della sanità nel Lazio, a cominciare da dati certi sul debito pregresso e blocco del deficit.
più territorio meno ospedalità
Sono vincoli che obbligano da un lato al contenimento dei costi, dall’altro a intervenire sulla struttura della spesa, visto che –in attesa del consuntivo ASL e AO 2006- quello del 2005 supera i 10 miliardi di euro, di cui più di 6 sono serviti a comperare servizi (4.4 dai privati) e circa 2.5 a pagare il personale.
Per raggiungere l’obiettivo dichiarato di risparmiare 788 milioni di euro nel 2007 e gettare le basi per la riorganizzazione dell’offerta sanitaria nel Lazio, i Piani di riassetto –della rete ospedaliera, ma anche della diagnostica, della specialistica, dei centri di acquisto- la quantificazione dei minori oneri derivanti, il controllo della spesa farmaceutica e la gestione della spesa complessiva sono tappe fondamentali.
Ma il debito, se pure fossero molti gli n anni su cui poterlo spalmare, non si ripiana senza un intervento sulle tariffe, sia per l’entità del debito, sia perché i risparmi derivanti dalla riorganizzazione dell’offerta andranno investiti sul territorio; l’unica scelta possibile per una politica di prevenzione che nel medio/lungo periodo assicuri la riduzione della domanda complessiva. È questa l’anima di un nuovo Piano sanitario regionale.
L’obiettivo della riduzione della domanda dovrà necessariamente assegnare anche ai medici di medicina generale un ruolo profondamente diverso da quello che si è sempre più configurato in questi anni, quello di medici prescrittori di farmaci, indagini diagnostiche, visite specialistiche, ricoveri ospedalieri.
I MMG sono figure importanti sul territorio, nel quale troppo spesso operano in modo avulso dal contesto, facendo così mancare un elemento prezioso per l’intero servizio: la presa in carico dei pazienti e il loro orientamento nel mare magnum dell’offerta.
Trasparenza e partecipazione, prevenzione, razionalizzazione dell’offerta sulla base dei bisogni reali possono fare da volano ad un nuovo Piano sanitario regionale che, oltre a contribuire al risanamento finanziario, faccia uscire dallo stato comatoso la sanità del Lazio e trasformi un problema in un’opportunità per un modello d’avanguardia.
buone pratiche e idee innovative
C’è un ultimo aspetto del sistema sanitario della nostra regione sul quale non si può non dire; riguarda l’autoreferenzialità e la presunzione che lo porta spesso a snobbare, a volte ignorare, le buone pratiche da ovunque provengano e a essere indifferente, a volte sprezzante, alle idee innovative.
È un sistema più attento alle relazioni che ai risultati, molto sensibile a pennacchi e medaglie poco ai cambiamenti; sarebbe sbagliato generalizzare ma è un limite che va superato, perché coinvolge trasversalmente tutti gli ambiti che intervengono sull’insieme del comparto. Quello politico, ma anche quello tecnico-scientifico dove in troppi puntano a far carriera nel pubblico per fare soldi nel privato!
Lo descrive bene Giuseppe Pullara in un articolo comparso sul “Corriere della sera” di martedì 5 dicembre dal titolo “Il debito e la virtù”. Certo non ci sono soluzioni facili per problemi difficili, ma azzerare il deficit e recuperare un debito di 1.900 euro pro capite può non essere una missione impossibile solo se si volta pagina.
L’ambientalismo è ricco di buone pratiche e idee innovative; quello dell’ Energy manager nelle AS, sul quale è stato recentemente impegnato il Consiglio regionale, è solo uno dei tanti esempi possibili per un miglioramento continuo di qualità che attraversi tutti i comparti del pianeta sanità.
Considerazioni sui "diritti acquisiti"
Odetta Fuiano
Affermare che eventuali modifiche delle delibere urbanistiche adottate
andrebbero a ledere diritti acquisiti dei proprietari delle aree contraddice
quello che è l'orientamento unanime della giurisprudenza, che viene di seguito
illustrato.
Considerazioni
In generale il Comune ha facoltà ampiamente discrezionale di modificare precedenti previsioni urbanistiche, senza obbligo di motivazione specifica per le singole zone, essendo sufficiente una indicazione congrua delle esigenze da soddisfare che siano coerenti con criteri di ordine tecnico/urbanistico (vedi ad esempio sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV 3 Luglio 2000 numero 346).
Non è configurabile un’aspettativa qualificata ad una destinazione edificatoria in relazione ad una precedente determinazione dell’amministrazione, ma soltanto un’aspettativa generica ad una reformatio in melius, analoga a quella di ogni altro proprietario di aree che aspira ad una utilizzazione più proficua dell’immobile. Pertanto, la polverizzazione della motivazione sarebbe in contrasto con la natura della variante generale, che non richiede altra motivazione che quella dei criteri di ordine tecnico seguiti per la redazione del piano. (cfr. Ad. Plen. n. 24 del 1999 cit.; sez. IV, 25 luglio 2001, n. 4078). Pres. Venturini - Est. Poli - Industria Calce Francesco Vozza s.r.l. (avv. Casertano) c. Comune di Castel Morrone (avv. D’Angelo) (Conferma TAR Campania, sezione II, n. 3495 del 17 novembre 1998). CONSIGLIO DI STATO, sez. IV, 21 maggio 2004, sentenza n. 3314.
Le scelte urbanistiche non comportano di regola la necessità di specifica motivazione che tenga conto delle aspirazioni dei privati, quando si tratti di variante al piano vigente, o di modificare scelte precedenti, essendo obbligatoria una congrua motivazione, per giustificare scelte differenti, solo in presenza di impegni già presi con la stipula di una convenzione di lottizzazione, o quando lo strumento incida su aspettative qualificate (CONSIGLIO DI STATO Sez. IV 30 marzo 2004, decisione n. 4407)- Le evenienze che, uniche, giustificano una più incisiva e singolare motivazione degli strumenti urbanistici generali, (cfr. da ultimo Ad. plen. n. 24 del 1999 cit.; sez. IV, 25 luglio 2001, n. 4078;): a) nel superamento degli standards minimi di cui al d.m. 2 aprile 1968, con l’avvertenza che la motivazione ulteriore và riferita esclusivamente alle previsioni urbanistiche complessive di sovradimensionamento, indipendentemente dal riferimento alla destinazione di zona di determinate aree; b) nella lesione, dell’affidamento qualificato del privato derivante da convenzioni di lottizzazione, accordi di diritto privato intercorsi tra il comune e i proprietari delle aree, aspettative nascenti da giudicati di annullamento di dinieghi di concessione edilizia o di silenzio – rifiuto su una domanda di concessione – (cfr. Ad. Plen. n. 24 del 1999, cit.; 8 gennaio 1986, n. 1); c) nella modificazione in zona agricola della destinazione di un’area limitata, interclusa da fondi edificati in modo non abusivo (cfr. sez. IV, 9 aprile 1999, n. 594). Pres. Venturini - Est. Poli - Industria Calce Francesco Vozza s.r.l. (avv. Casertano) c. Comune di Castel Morrone (avv. D’Angelo) (Conferma TAR Campania, sezione II, n. 3495 del 17 novembre 1998). CONSIGLIO DI STATO, sez. IV, 21 maggio 2004, sentenza n. 3314.
- Le scelte effettuate dall’amministrazione nell’adozione del piano costituiscono apprezzamento di merito sottratto al sindacato di legittimità, salvo che non siano inficiate da errori di fatto o abnormi illogicità (cfr. ex plurimis e di recente, sez. IV, 25 luglio 2001, n. 4078; sez. IV, 8 febbraio 1999, n. 121). Pres. Venturini - Est. Poli - Industria Calce Francesco Vozza s.r.l. (avv. Casertano) c. Comune di Castel Morrone (avv. D’Angelo) (Conferma TAR Campania, sezione II, n. 3495 del 17 novembre 1998). CONSIGLIO DI STATO, sez. IV, 21 maggio 2004, sentenza n. 3314.
- Solo nel caso di varianti che vanno ad incidere su terreni già sottoposti a piano di lottizzazione debitamente approvato e convenzionato o di varianti limitate ad un determinato terreno, la variante tesa a modificare la destinazione ha bisogno di una puntuale motivazione; questa motivazione deve dimostrare la prevalenza del nuovo interesse pubblico su quello privato (vedi ad esempio sentenza del Consiglio di Stato sez IV del 5 Dicembre 1994 numero 992).
- Sono legittime le varianti dichiarate destinate a salvaguardare l'ambiente che non contengano una diffusa analisi argomentativa, tenendo presente il valore fondamentale della tutela del paesaggio di cui all'articolo 9 della Costituzione (vedi ad esempio sentenza del Consiglio di Stato sez IV del 20 Marzo 2001 numero 1679).
mercoledì 26 settembre 2007
Il BLOG dei Verdi dei Castelli Romani
Benvenute/i nel nuovo blog dei VERDI dei Castelli Romani!
Questo spazio online conterrà tutte le novità sulle attività del Coordinamento dei VERDi dei Castelli, oltre a notizie di interesse generale su ambiente, lavoro, cultura e società.
Con questo strumento intendiamo offrire uno spazio di comunicazione e partecipazone per le compagne/i e i simpatizzanti VERDI.